Caro Vecchio Giro
E’ possibile rendere più moderno e appealing ad un target giovane un prodotto “del secolo scorso”?Dipende. Innanzitutto ci deve essere la volontà di farlo da parte dell’azienda (aspetto da non sottovalutare) e bisogna allo stesso tempo trovare gli strumenti giusti. Secondo me un brand che è riuscito molto bene nell’opera è Il Giro d’Italia. E allora ho chiesto a Marco Gobbi Pansana, Marketing & Communication Manager del Giro di scrivere un guestpost sul tema. Buona lettura.
Paradossi del Marketing: i brand che non hanno storia compiono salti mortali per inventarsela (già, perché lo storytelling è l’unica tendenza/tecnica di comunicazione che è evidente a tutti funzioni oggi), quelli che ne hanno da vendere rischiano di soffocare sotto la polvere accumulata in un secolo di vita. E poco importa si parli di detersivi, jeans, banane o automobili.
Fino a pochi anni fa Il Giro d’Italia, monumento dello sport nazional-popolare italiano, al solo accostargli il titolo di “brand” (in inglese poi, che affronto!) sarebbe arrossito di rabbia o vergogna. Oggi cerca, a fatica in Italia, con successo enorme nel mondo, di soffiar via la polvere che lo ricopriva e di posizionarsi come premium brand nell’arena dello sport entertainment mondiale. Già, ma come?
Think Brand, think Community, think Video
Prima di tutto: non un evento che si svolge in tre settimane ma un brand che vive 365 giorni l’anno per tutti i suoi fan nel mondo, interagendo, comunicando, giocando, condividendo, in una parola dialogando quotidianamente con la sua “fan base” attraverso i social media.
Un Brand che cambia codici, linguaggi, forme di comunicazione, radicalmente. Parla sempre anche in inglese, per cominciare, perché chiunque al mondo lo possa ascoltare e capire. Sceglie come pay off “fight for pink” e come posizionamento “the thoughest race in world’s most beautiful place”.
Parla con le immagini, che meglio delle parole raccontano, suggestionano e sono universalmente gradite (l’Italia è il paese più bello del mondo!), parla con i video perché meglio di tutto riescono ad emozionare raccontando la storia, le mille storie del Giro. Lo fa come mai nessuno aveva pensato di parlare di ciclismo, facendosi raccontare da chi il ciclismo lo sta scoprendo ora e non da nulla per scontato, come un bambino sgrana gli occhi e rimane a bocca aperta davanti ad uno spettacolo senza pari. I puristi italiani magari storceranno il naso, ormai assuefatti dell’idea che negli anni si sono fatti, ma tutti gli altri apprezzano, e non poco (oltre 100.000 views dirette in meno di 10 giorni, senza alcun planning promozionale).
E la storia? Soffiar via la polvere non significa portare in discarica scatoloni interi di storia, tutt’altro! Vuol dire proporre in modo moderno, piacevole ed appealing tutte le storie che hanno fatto e continuano a fare il successo del Giro. Se lo storytelling è imprescindibile per chi voglia fare comunicazione efficace nel 2012, qui c’è poco da doversi inventare, è sufficiente pescare a piene mani dal forziere che custodisce il tesoro e scegliere di volta in volta cosa raccontare. Come in questo caso, per esempio:
La sintesi, che poi vuole essere il biglietto da visita del Giro d’Italia, è racchiusa invece nel video di apertura della Presentazione del Giro 2013, avvenuta domenica 30/09: 6’30” di passato e presente, che potete vedere qui.
Cosa ne dite?