La customer (un)satisfaction - il caso TIM
Ho comprato in un negozio TIM una scheda ricaricabile per iPad a giugno dello scorso anno, chiedendo che mi venisse emessa una fattura. Questa normale richiesta ha lasciato le commesse allibite.Inizialmente mi hanno detto che non si poteva fare, poi insistendo mi hanno dato un modulo da compilare e inviare via fax al loro fantomatico centro fatturazione, insieme alla ricevuta dell’acquisto e copia della mia carta d’identità . La stessa situazione si è ripetuta ogni mese: personale TIM che mi negava la possibilità di fatturare, poi moduli su moduli, che spesso mi venivano consegnati incompleti (privi cioè di timbro e/o firma da parte del punto vendita). E poi giornate intere a cercare di faxare la documentazione, perché il numero la gran parte delle volte era occupato. Niente. In sei mesi non ho ricevuto nulla, e così da gennaio ho lasciato TIM e sono passata a Vodafone (dove se acquisto online posso stamparmi da sola la fattura). Ah, chiaramente i tentativi fatti per parlare con qualcuno chiamando il 187 sono sempre finiti nel nulla…
Poi leggo per caso su Twitter che Telecom Italia vince il premio europeo “ECCCO 2012” per il migliore customer care con il servizio 187. Miglior customer care? Sulla base della mia esperienza personale non è proprio così… Allora decido di contattare l’account Twitter @telecomitalia, che prontamente si attiva. Mi mette in contatto con due operatori, @Telecom187Fabio e poi @TIM119Alessio, precisi ed efficienti, a cui spiego il mio problema. Dopo poche ore mi chiama un’altra ragazza del team per spiegarmi cosa è successo con le mie fatture: tutte le richieste sono state respinte perché non ho provveduto ad inviare la documentazione necessaria entro le 24 ore successive all’acquisto. Peccato che nessuno del negozio TIM in sei mesi abbia mai pensato di informarmi di questa regola e che, nonostante il fantomatico centro fatturazione periodicamente abbia ricevuto dalla sottoscritta giustificativi su giustificativi, nessuno abbia pensato di farmi almeno una telefonata spiegandomi perché le mie richieste venivano respinte. Ho dovuto segnalare su Twitter di avere un problema, per riuscire ad ottenere una risposta.
L’immagine e la reputazione sul web sono importanti, lo so benissimo. Ma la rete è fatta di persone, che vivono e fanno esperienza di prodotti e servizi anche offline. Come ho già avuto modo di scrivere in altre occasioni, sono sempre io, sia nel negozio che davanti al pc. E allora perché devo avere due trattamenti diversi?
Mi dispiace, care aziende, ma non basta essere efficienti sui social network. Di certo aiuta, ma il consumatore deve essere innanzitutto soddisfatto del bene o servizio che ha comprato, perché se non lo è, trasferirà la sua insoddisfazione e il suo malumore anche online, con il rischio di un passaparola negativo (che, forse non lo sapete, si propaga in maniera molto più veloce rispetto al wom positivo…). L’attenzione al cliente deve valere sia on che offline. Nella foga di presidiare al meglio il web, mi sembra che si stia dimenticando questo principio elementare. Purtroppo.